Con il saggio “Quando l’uomo inciampò sui segni” il termitano Michele Iacono è finalista al Premio nazionale InediTo – Colline di Torino, punto di riferimento in Italia tra quelli dedicati alle opere inedite. Quest’anno il premio ha visto ben settecento opere presentate nelle diverse sezione per la XIX edizione 2020. In concorso opere da tutta Italia e dall’estero (Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Belgio, Croazia, Egitto, USA) a conferma dell’internazionalita’ del premio. Tra i giurati, la scrittrice Margherita Oggetto, Michela Marzano, Leonardo Caffo.

1- Sei tra i finalisti del Premio nazionale InediTo. Una grandissima soddisfazione.

Sì, è così. Una grandissima soddisfazione e per diverse ragioni. Innanzitutto, il Premio InediTo, alla sua XIX edizione, è un premio serio, tra i più titolati in Italia, internazionale per vocazione, attento ai fatti culturali più rilevanti degli ultimi anni. Secondo, arrivare in finale è sempre un riconoscimento della validità di un’opera. Tra l’altro, nella mia sezione, la saggistica, tra i giurati figurano filosofi del calibro di Michela Marzano e Leonardo Caffo a garanzia di un livello alto nella selezione dei lavori.

2) Facciamo un passo indietro. Qual è l’origine della tua opera? È il tuo primo libro?

Partiamo dalla seconda domanda. Non è il mio primo libro. Ho al mio attivo un saggio e tre romanzi pubblicati rispettivamente nel 2017, 2018, 2019 e un quarto romanzo dovrebbe uscire tra alcuni mesi.

Il mio primo lavoro, “Il silenzio, il segno e la parola”, è uscito nel 2012 per l’Epos editore ed ha in comune con il saggio finalista lo stesso argomento. Fin dai tempi dell’università il linguaggio e la cognizione umana sono stati per me fonte di studio, dubbio e ricerca. Anche se non ho più rapporti con il mondo accademico, i miei interessi negli anni non sono affatto mutati. Anzi, è aumentata la curiosità intellettuale a indagare su come la nostra specie sia riuscita a superare il Rubicone della conoscenza e nell’arco di due milioni di anni sia riuscita a esprimere la potenza conoscitiva linguistico-concettuale che dalle prime pietre ci ha portato sulla Luna. Se il primo saggio, ancora in maniera confusa, cercava di inquadrare il problema, con Quando l’uomo inciampò sui segni, credo di aver trovato una possibile soluzione ai problemi che tali quesiti ponevano.

3) Da dove nasce il titolo “Quando l’uomo inciampò sui segni”

Bella domanda. È un passo del libro e mi è piaciuto perché volevo cogliere in una frase il senso della mia anti intuitiva idea. Insomma, il libro cerca di rispondere alla domanda: come è stato possibile, rispetto a tutte le altre specie, raggiungere quel grado minimo di simbolizzazione e successivamente creare le basi per produrre cognizioni? Detto semplicemente: non credo nell’ipotesi di una mutazione genetica del linguaggio e del pensiero come hanno sostenuto mostri sacri come Chomsky o studiosi importanti come Tomasello, Corballis, Deacon, Mithen che vedono, non si sa come, in una sorta di convenzione, lo stipulare la cultura come fonte di conoscenza. Partendo dalla selezione naturale si arriva fino a un certo punto a comprendere l’evoluzione umana ma evidentemente occorre qualcosa di più pregnante perché possa essere accaduto quel plus che ha permesso di inoltrarsi in quel cammino che ci ha portati fino a noi. La controprova è data dal fatto che i primati che differiscono da noi di un 1.9% di differenza genetica, pur sollecitati in tanti esperimenti, non riescono a formare un Io, una soggettività e una formazione sociale tale che li possa portare sulla Luna. L’idea espressa nel saggio in estrema sintesi: inizialmente l’uomo non ha costruito la sua conoscenza attraverso il linguaggio ma attraverso una scrittura di segni e la separazione dei generi femminili e maschili con i quali ha creato i presupposti di una prima forma simbolica di conoscenza e che solo dopo aver stabilizzato il mondo attraverso la creazione degli oggetti del mondo, abbia potuto intraprendere il percorso linguistico-concettuale. Una domanda posta nel saggio: quale specie animale aveva mai avuto bisogno di rappresentarsi nei di-segni, nelle statuine e raffigurazioni che destato così tanta meraviglia a noi moderni? La parola, il linguaggio, non è che una fase successiva alla presa di coscienza del processo di creazione del mondo attraverso i segni e gli strumenti che aveva realizzato. Un’ultima annotazione di carattere biologico. I biologi insistono nel dire che ciò che conta per la vita è il gene o il genoma, e che tutti i corpi non siano altro che contenitori, macchine da trasporto dei geni. La biologia non mente. Allora non c’è alternativa a questa domanda se non che, Homo è inciampato sui segni e su quei rivoli di sangue ha costruito la sua Storia.

4) Come stai trascorrendo il periodo di emergenza coronavirus?

Lavorando. Faccio parte della sanità pubblica, dipartimento di salute mentale, ed ogni giorno, come tanti altri colleghi sono in ambulatorio. Nel tempo libero, chiuso in casa, leggo, studio e scrivo. Per fortuna ho molti impegni e non mi annoio e poi i social permettono di scambiare informazioni.

Lo scrittore Michele Iacono

5) Come sarà la cultura nel dopo epidemia?

Ogni grande evento della Storia ha sempre portato delle novità e nuovi modi osservare la realtà. Ci siamo illusi di un mondo sconfinato e senza limiti e ci accorgiamo che non la guerra ma un virus ha il potere di bloccare anche le nostre più piccole ambizioni. In questi anni la Cultura si è racchiusa in sé, in una sorta di autismo referenziale e che gli altri in fondo non erano altro che parti accanto a me ma solo accanto, l’individualismo credo sia la cifra di questo nostro piccolo mondo.

6) Quale sarà, in generale, l’eredità lasciata dal Covid-19?

Accorgersi di far parte di un unico grande sistema e che da soli non si va da nessuna parte. Bisognerà ritrovare quel senso profondo di comunità che avevamo smarrito, così come è sempre accaduto dopo i grandi eventi. Il senso di onnipotenza del nostro modo di vivere è stato abbattuto dall’invisibilità di un germe che ci spaventa e ci tiene lontani l’uno dagli altri. Ci ritroviamo forse nello stesso inciampo in cui la storia ogni tanto si presenta. Supereremo anche questo, mi auguro che ognuno di noi sappia approfittare, anche nel dolore delle tante persone scomparse, di questa tragica pausa e riprendere le proprie attività con una nuova coscienza di sé e degli altri.

Mario Catalano