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Coronavirus: campofelicese dona 200 uova di Pasqua ai bambini dell’ospedale NYU langone health di Manhattan

Duecento uova destinate ai bambini dell’ospedale NYU langone health di Manhattan. Il protagonista del gesto di solidarietà è un giovane di Campofelice di Roccella, Nicola Cirrincione. Quarantaquattro anni il prossimo 21 luglio, vive in America, esattamente a Staten Island, da trent’anni. Italiano nel cuore e siciliano nel sangue, il giovane è sposato con Carmela e ha due splendidi bimbi, Sebastiano e Alessia Rose.

<<Sono riuscito a donare le uova anche grazie ad un mio amico, Giovanni Patti originario di Borgetto – commenta Nicola – abbiamo pensato a tanti bambini bisognosi, ed è stato veramente spettacolare farli sorridere. Questo virus – ha aggiunto – è pazzesco, penso che dobbiamo rimanere a casa ancora per un altro po’ di tempo, però dobbiamo ritornare alla vita normale, naturalmente rispettando le norme e quello che ci dicono gli specialisti>>.

Questo periodo, per il giovane, lascerà di positivo la gente che ha sempre ascoltato e rispettato le leggi, anche se qualcuno: <<Non capisce – ha sottolineato – La cosa negativa è la morte di tante persone e bimbi innocenti, tra cui anche tanti anziani, una vera e triste disgrazia>>.

Il campofelicese, in passato, è stato un calciatore professionista. Ha giocato nella termitana di Franco Tirrito e nelle giovanili dell’Inter di Giacinto Facchetti. Super tifoso del Palermo, Nicola è rimasto in buoni rapporti con tanti giocatori, tra cui, Stefano Sorrentino e Fabrizio Miccoli.

<<Un abbraccio speciale a tutta la mia comunità di Campofelice di Roccella – ha concluso – e la nostra super sindaca Michela Taravella>>. Il primo cittadino, nei giorni scorsi, ha dedicato un post su Facebook al giovane campofelicese: <<Una notizia di grande generosità campofelicese, giunge da oltreoceano. Un nostro concittadino, amico di infanzia di tanti di noi, mio compagno di banco, l’affettuosissimo Nicola Cirrincione ha compiuto un nobile gesto di cui andare fieri, donando 200 uova di Pasqua ad altrettanti piccoli pazienti di un ospedale di Manhattan!!

Michela Taravella e Nicola Cirrincione

Nicola è sempre stato un ragazzo vero, dall’animo buono e generoso, che, nonostante le tristezze della vita, ha saputo impegnarsi ed oggi, oltre ad essere sempre un bravo giocatore di calcio (la sua grande passione) è diventato un bravo papà e un grande lavoratore. Orgogliosa di te, mio carissimo Amico. Ti aspettiamo presto a Campofelice!!>>.

Mario Catalano

Il termitano Michele Iacono finalista del Premio InediTo: “Arrivare in finale è sempre un riconoscimento della validità di un’opera”

Con il saggio “Quando l’uomo inciampò sui segni” il termitano Michele Iacono è finalista al Premio nazionale InediTo – Colline di Torino, punto di riferimento in Italia tra quelli dedicati alle opere inedite. Quest’anno il premio ha visto ben settecento opere presentate nelle diverse sezione per la XIX edizione 2020. In concorso opere da tutta Italia e dall’estero (Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Belgio, Croazia, Egitto, USA) a conferma dell’internazionalita’ del premio. Tra i giurati, la scrittrice Margherita Oggetto, Michela Marzano, Leonardo Caffo.

1- Sei tra i finalisti del Premio nazionale InediTo. Una grandissima soddisfazione.

Sì, è così. Una grandissima soddisfazione e per diverse ragioni. Innanzitutto, il Premio InediTo, alla sua XIX edizione, è un premio serio, tra i più titolati in Italia, internazionale per vocazione, attento ai fatti culturali più rilevanti degli ultimi anni. Secondo, arrivare in finale è sempre un riconoscimento della validità di un’opera. Tra l’altro, nella mia sezione, la saggistica, tra i giurati figurano filosofi del calibro di Michela Marzano e Leonardo Caffo a garanzia di un livello alto nella selezione dei lavori.

2) Facciamo un passo indietro. Qual è l’origine della tua opera? È il tuo primo libro?

Partiamo dalla seconda domanda. Non è il mio primo libro. Ho al mio attivo un saggio e tre romanzi pubblicati rispettivamente nel 2017, 2018, 2019 e un quarto romanzo dovrebbe uscire tra alcuni mesi.

Il mio primo lavoro, “Il silenzio, il segno e la parola”, è uscito nel 2012 per l’Epos editore ed ha in comune con il saggio finalista lo stesso argomento. Fin dai tempi dell’università il linguaggio e la cognizione umana sono stati per me fonte di studio, dubbio e ricerca. Anche se non ho più rapporti con il mondo accademico, i miei interessi negli anni non sono affatto mutati. Anzi, è aumentata la curiosità intellettuale a indagare su come la nostra specie sia riuscita a superare il Rubicone della conoscenza e nell’arco di due milioni di anni sia riuscita a esprimere la potenza conoscitiva linguistico-concettuale che dalle prime pietre ci ha portato sulla Luna. Se il primo saggio, ancora in maniera confusa, cercava di inquadrare il problema, con Quando l’uomo inciampò sui segni, credo di aver trovato una possibile soluzione ai problemi che tali quesiti ponevano.

3) Da dove nasce il titolo “Quando l’uomo inciampò sui segni”

Bella domanda. È un passo del libro e mi è piaciuto perché volevo cogliere in una frase il senso della mia anti intuitiva idea. Insomma, il libro cerca di rispondere alla domanda: come è stato possibile, rispetto a tutte le altre specie, raggiungere quel grado minimo di simbolizzazione e successivamente creare le basi per produrre cognizioni? Detto semplicemente: non credo nell’ipotesi di una mutazione genetica del linguaggio e del pensiero come hanno sostenuto mostri sacri come Chomsky o studiosi importanti come Tomasello, Corballis, Deacon, Mithen che vedono, non si sa come, in una sorta di convenzione, lo stipulare la cultura come fonte di conoscenza. Partendo dalla selezione naturale si arriva fino a un certo punto a comprendere l’evoluzione umana ma evidentemente occorre qualcosa di più pregnante perché possa essere accaduto quel plus che ha permesso di inoltrarsi in quel cammino che ci ha portati fino a noi. La controprova è data dal fatto che i primati che differiscono da noi di un 1.9% di differenza genetica, pur sollecitati in tanti esperimenti, non riescono a formare un Io, una soggettività e una formazione sociale tale che li possa portare sulla Luna. L’idea espressa nel saggio in estrema sintesi: inizialmente l’uomo non ha costruito la sua conoscenza attraverso il linguaggio ma attraverso una scrittura di segni e la separazione dei generi femminili e maschili con i quali ha creato i presupposti di una prima forma simbolica di conoscenza e che solo dopo aver stabilizzato il mondo attraverso la creazione degli oggetti del mondo, abbia potuto intraprendere il percorso linguistico-concettuale. Una domanda posta nel saggio: quale specie animale aveva mai avuto bisogno di rappresentarsi nei di-segni, nelle statuine e raffigurazioni che destato così tanta meraviglia a noi moderni? La parola, il linguaggio, non è che una fase successiva alla presa di coscienza del processo di creazione del mondo attraverso i segni e gli strumenti che aveva realizzato. Un’ultima annotazione di carattere biologico. I biologi insistono nel dire che ciò che conta per la vita è il gene o il genoma, e che tutti i corpi non siano altro che contenitori, macchine da trasporto dei geni. La biologia non mente. Allora non c’è alternativa a questa domanda se non che, Homo è inciampato sui segni e su quei rivoli di sangue ha costruito la sua Storia.

4) Come stai trascorrendo il periodo di emergenza coronavirus?

Lavorando. Faccio parte della sanità pubblica, dipartimento di salute mentale, ed ogni giorno, come tanti altri colleghi sono in ambulatorio. Nel tempo libero, chiuso in casa, leggo, studio e scrivo. Per fortuna ho molti impegni e non mi annoio e poi i social permettono di scambiare informazioni.

Lo scrittore Michele Iacono

5) Come sarà la cultura nel dopo epidemia?

Ogni grande evento della Storia ha sempre portato delle novità e nuovi modi osservare la realtà. Ci siamo illusi di un mondo sconfinato e senza limiti e ci accorgiamo che non la guerra ma un virus ha il potere di bloccare anche le nostre più piccole ambizioni. In questi anni la Cultura si è racchiusa in sé, in una sorta di autismo referenziale e che gli altri in fondo non erano altro che parti accanto a me ma solo accanto, l’individualismo credo sia la cifra di questo nostro piccolo mondo.

6) Quale sarà, in generale, l’eredità lasciata dal Covid-19?

Accorgersi di far parte di un unico grande sistema e che da soli non si va da nessuna parte. Bisognerà ritrovare quel senso profondo di comunità che avevamo smarrito, così come è sempre accaduto dopo i grandi eventi. Il senso di onnipotenza del nostro modo di vivere è stato abbattuto dall’invisibilità di un germe che ci spaventa e ci tiene lontani l’uno dagli altri. Ci ritroviamo forse nello stesso inciampo in cui la storia ogni tanto si presenta. Supereremo anche questo, mi auguro che ognuno di noi sappia approfittare, anche nel dolore delle tante persone scomparse, di questa tragica pausa e riprendere le proprie attività con una nuova coscienza di sé e degli altri.

Mario Catalano

Coronavirus. Intervista alla chef Felicità Romagnoli: “La solidarietà sarà l’arma vincente e saremo un Paese di nuovo forte e unito”

La combinazione cibo e salute è la base della sua cucina, come la cura dei dettagli nell’associare sapori e colori per ottenere, gustando i suoi piatti, un’esperienza extrasensoriale, giudicata estremamente soddisfacente dalla sua clientela. Le piace stupire con menù sempre nuovi e stagionali, prediligendo l’utilizzo di prodotti freschi e locali, entrando subito in empatia con i suoi clienti e cercando di soddisfare le loro esigenze in merito all’evento da organizzare. Ha deciso di diventare chef privato perchè può dedicare maggiore attenzione, avendo un rapporto diretto, alla clientela, alle loro richieste e di conseguenza alla loro soddisfazione, cosa che molte volte non è possibile all’interno di un ristorante. Lei è Felicità Romagnoli.

Felicità Romagnoli

Quindici anni fa: <<Avrei dovuto solcare le passerelle di Parigi – ricorda la chef – ma ho preferito prendere altre strade>>. La sua professione nasce dalla passione per il cibo, dall’approfondita conoscenza dei prodotti e dalla creatività che la contraddistinguono. <<Lo scarso utilizzo di condimenti come olio e sale è la base della mia filosofia in cucina – ha sottolineato- in quanto ritengo indispensabile l’utilizzo di spezie e di erbe aromatiche a compensazione, e di nutrirsi avendo sempre un occhio di riguardo per la salute e senza mai dimenticare l’appagamento dei nostri cinque sensi>>.

Dal mix di ingredienti e musica ha dato vita a Food & Music, la sua opera prima pubblicata nel 2015. Si tratta di circa duecento ricette, tutte frutto della sua esperienza e che ha voluto raccogliere e condividere con i suoi lettori.

1- Hai iniziato a sfilare per Valentino e dopo ti sei tuffata in cucina, diventando chef e portando la tua passione in giro per il mondo. Da dove sono nati questi due interessi?

Mi trovavo a Firenze ad un ricevimento e una collaboratrice di Valentino mi propose di sfilare per la sua Maison, rimase colpita, a suo dire dalla mia altezza e dal mio portamento e decisi di accettare la sua proposta, sfilavo negli show room presentando le diverse collezioni di Valentino ad una cerchia  di persone d’élite, dopodiché avrei dovuto solcare le passerelle di Parigi, ma ho preferito prendere altre strade. Sono ormai 15 anni circa che lavoro come Chef nella ristorazione, prima nei ristoranti, poi ho deciso di diventare uno Chef Privato e il “passaparola” mi ha permesso di arrivare dove sono oggi, il segreto è tanta passione e tanta musica.

2- Cinque anni fa hai pubblicato il tuo primo libro, Food & Music, una crasi tra cibo e musica. Raccontaci la tua opera prima. Hai già in mente il tuo secondo libro?

Il primo libro è stato una raccolta di ricette, proprietà benefiche degli ingredienti, sottolineando il fatto che la musica è sempre stata una grande spalla nel mio lavoro, tutto mi sembra più leggero ed essendo io abituata a vivere con la musica sin da piccola non ho fatto altro che associare le mie due più grandi passioni perchè i tempi di preparazione e la creatività delle ricette sono diversi più veloci e più fantasiosi e gustosi. Il secondo libro Food&Music Vol.II è uscito poco dopo ed era un prosequio del primo in chiave gourmet. Oggi è stato pubblicato un saggio intitolato “La Felicità Ad Un Passo Da Noi” su Amazon, un ebook che raccoglie i miei pensieri e i miei sentimenti sulla situazione attuale e sulla concreta speranza che alla nostra uscita da casa troveremo un mondo diverso, popolato da persone amorevoli e solidali, che non saranno mai più sole. I proventi della vendita dei libri saranno devoluti all’Associazione Opera San Silvestro Onlus a Tivoli (Roma)

Saggio intitolato “La Felicità Ad Un Passo Da Noi”

3- Su cosa si basa la tua cucina e qual è il tuo piatto forte? 

La mia è un tipo di cucina molto personalizzato, utilizzo di materie prime sempre fresche, stagionali e possibilmente a km zero, quando posso prediligo i prodotti italiani. Le ricette che propongo sono originali e di mia creazione, mi contraddistingue l’arte in cucina, ogni piatto viene studiato scegliendo gli ingredienti, le spezie e erbe aromatiche più adeguate a dare vita ad un’opera d’arte a tavola, deve toccare i cinque sensi e garantire al commensale un’esperienza extra sensoriale, naturalmente il tutto accompagnato dalla giusta musica scelta accuratamente dalla mia playlist personale. Come tutti, anche io ho le mie preferenze, il pesce offre ad una persona creativa la possibilità di spaziare dagli antipasti ai primi ai secondi. Il mio piatto forte è una carrellata di sette degustazioni a base di pesce, da ricordare!!!

4- Hai girato tanti paesi durante questi anni, incontrando personaggi molto famosi, tra questi Madonna. Il luogo che ti ha lasciato il segno?

A parte l’Italia, Londra una città estremamente moderna, con i mercati di prodotti freschi più ricercati che scatenano la fantasia solo a guardare quei banchi traboccanti di verdura, frutta, frutti di mare pescato del giorno, una fonte di ispirazione, io adoro spaziare nei vari tipi di cucina internazionale, dal giapponese all’argentina, dalla tedesca alla peruviana, mi sono adeguata per reperire i giusti ingredienti anche nei vari Paesi dove ho cucinato, come la Francia, la Svizzera, gli Stati Uniti per menzionarne alcuni. A febbraio in occasione del “Premio Comunicare L’Europa 2020” sono stata premiata in qualità di Chef Internazionale, scelta per meriti professionali e il mio impegno profuso in campo sociale.

5- Quali consigli dai a chi vuole intraprendere la carriera di chef?

Essere sempre pronti ad imparare, cercare di viaggiare per capire come funzionano le cucine all’estero per poi rientrare e consolidare il proprio ruolo in Italia, conoscere a fondo i prodotti da cucinare e fare sempre una spesa oculata evitando gli sprechi, aiuterà il nostro food cost e il nostro Pianeta.

6- Come stai vivendo questo periodo di emergenza coronavirus e quale sarà, secondo te, l’eredità che lasceranno questi mesi?

In casa tra il mio orto, la cucina nella creazione di nuove ricette per la ripartenza, un po’ di sport e negli scorsi dieci giorni ho scritto il libro di cui ti ho parlato prima, dalla prossima settimana mi dedicherò a qualche altro progetto, ho ben capito da stasera che ci saranno altre tre settimane di fermo, l’importante è prenderle con filosofia e a chi crede in Dio, pregando e sapendo che tutto questo ci porterà ad un futuro più pulito e con meno pregiudizi. Penso lascerà persone stanche ma con la giusta alimentazione, ristabilendo delle regole nella nostra nuova quotidianità, saremo persone ottimiste e pronte ad aiutare il prossimo, la solidarietà sarà l’arma vincente e saremo un Paese di nuovo forte e unito.

Mario Catalano

Coronavirus: “Adibire una parte dell’ospedale di Petralia Sottana, e non quello di Cefalù, all’emergenza Covid-19”

<<L’ospedale di Cefalù non sarà interamente Covid ma manterrà le sue attività>>, queste sono state le parole di Giovanni Albano, presidente della Fondazione Giglio di Cefalù, il 25 marzo scorso. <<Abbiamo creato – ha aggiunto – un’area di degenza, al terzo piano, di quaranta posti letto che in una fase emergenziale potrà arrivare a novanta posti. È stato completato il nuovo reparto di terapia intensiva con il passaggio da quattro posti letto a nove e una terapia sub intensiva con quattro posti di degenza. La Fondazione – ha concluso il presidente – sta facendo un grande sforzo organizzativo per mantenere aperte tutte le attività sanitarie, ad oggi presenti nel nostro Istituto, in modo da garantire continuità assistenziale>>.

Nella foto la nuova terapia intensiva della Fondazione Giglio con 9 posti letto. E’ diretta dal dottor Giovanni Malta

Pochi giorni dopo, ha sottolineato che l’individuazione di un’area Covid all’ospedale di Cefalù risponde: <<Ad una ragionata programmazione assessoriale, ed è immediatamente comprensibile come tale scelta assicuri al territorio cefaludese e madonita una pronta ed efficace risposta all’emergenza in corso, tale da confermare, ancora una volta, la specifica attenzione verso le problematiche sanitarie del comprensorio. Da più parti – ha proseguito – è stata avanzata, senza alcun fondamento, l’ipotesi che una siffatta scelta assistenziale ed organizzativa possa essere correlata alla volontà di reperire aggiuntive risorse economiche: nulla di più sbagliato e ingiusto, anche in considerazione del fatto che l’ente si troverà verosimilmente ad affrontare oneri aggiuntivi per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus. Per Albano prevalgono, piuttosto il responsabile adeguamento alla pianificazione regionale e il dovere, sanitario ed etico, di rispondere adeguatamente, sul piano assistenziale, alla corrente pandemia, tutelando la salute pubblica. Il numero uno del Giglio ha precisato che si è provveduto ad isolare, rispetto ai percorsi ordinari, l’accettazione, la mobilità interna, la degenza, la gestione e il trattamento degli eventuali pazienti Covid, escludendo qualsiasi contatto diretto o di sovrapposizione tra i percorsi pazienti Covid e “no Covid”.

Giovanni Albano, Presidente Fondazione “Giglio”

Il 31 marzo si è svolto un consiglio comunale straordinario e Albano aveva chiesto di essere ascoltato nell’assise cittadina sull’eventuale attivazione, in una fase emergenziale, di un reparto Covid in ospedale. La proposta non è stata accolta per due volte. <<Il confronto – per il presidente del Giglio – avrebbe sicuramente contribuito a dissipare le comprensibili preoccupazioni dei cittadini e a dare sostegno a quanti, ogni giorno, sono in prima linea in questa emergenza per assistere i pazienti>>.

Al termine di una lunga e assai partecipata discussione, il Consiglio comunale di Cefalù, riunito in seduta telematica a distanza, ha approvato a maggioranza, quattordici favorevoli e due astenuti, una determinazione, nella quale si esprimevano fortissime perplessità riguardo la prospettata adozione di soluzioni “ibride” che mantengano nello stesso blocco strutturale, quale è quello dell’edificio del Giglio di Cefalù, la coesistenza di reparti Covid e non-Covid e ritenendo assai alto il rischio che una simile soluzione di coesistenza di reparti Covid e non-Covid possa trasformare quello che, ad oggi, è stato un presidio di salute pubblica capace di offrire servizi ospedalieri anche di alto livello specialistico, in un focolaio del contagio che metta a repentaglio la salute di pazienti, medici, personale sanitario e cittadini. I consiglieri hanno ritenuto molto importante e fondamentale la funzione che l’ospedale ha assunto e assume nel territorio, che esso continui a dare, pur nell’emergenza in atto, l’assistenza a quanti necessitano di altre cure specialistiche, in condizioni di massima sicurezza; infine, esortano il Governo Regionale e la Governance della Fondazione “G.Giglio”, nella qualità di soggetti ad ogni titolo responsabilmente coinvolti e titolati ad assumere scelte gestionali ed organizzative, a rivalutare con attenzione la compatibilità tra la sicurezza che deve essere offerta a pazienti e personale medico e sanitario, con la coesistenza, nella medesima struttura del Giglio di Cefalù, di reparti Covid e non-Covid, che appare non solo essere assai problematica e di difficile e complessa attuazione, ma potenziale fonte di alto rischio per la comunità.

Nei giorni scorsi, l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, si è recato alla Fondazione Giglio per incontrare la “task force Covid” e ha illustrato il piano operati della Regione Siciliana per l’emergenza coronavirus, in particolare il ruolo che assumerà l’ospedale Giglio ed il suo personale, dichiarando che: <<Tutti stanno facendo la propria parte in queste emergenza. Nella fattispecie i professionisti del Giglio, già formati per gestire l’epidemia, sono pronti da subito a fare rete entrando in azione presso altre strutture siciliane. Il Giglio, inoltre, è nelle condizioni di gestire quaranta posti letto che potranno essere attrezzati anche in altre strutture sanitarie sia pubbliche che private>>.

Visita degli assessori Ruggero Razza e Totò Cordaro alla Fondazione “Giglio”

Il giorno dopo la visita dell’assessore Razza, Giovanni Albano ha illustrato il piano emergenza Covid ai sindaci del Distretto 33, che prevede l’attivazione di una unità Covid-19 a Cefalù, solo in fase tre dal 20 aprile in caso di picco dell’epidemia e di saturazione dei posti letto nelle altre strutture.

Il Presidente del “Giglio” Giovanni Albano in video conferenza con i sindaci

<<Pur apprezzando lo sforzo, in termini di ricerca di dialogo – ha commentato il sindaco di Cefalù, Rosario Lapunzina – debbo confermare alla luce di quanto emerso nel corso dell’incontro, tutte le perplessità che in questi giorni abbiamo ripetutamente manifestato. Tra le altre cose, il Presidente Albano ha testualmente affermato, salvo poi smorzare tale affermazione sul finire dell’incontro, che “La nostra produttività è calata dell’ottanta per cento, sia ambulatoriale che di ricovero. Abbiamo un venti per cento residuo, che proprio non se ne può fare a meno. Li teniamo, perché non abbiamo alcun paziente Covid. Ma, come entrerà un paziente Covid qui … questo Ospedale sarà costretto dalle circostanze a diventare Covid”. L’Ospedale di Cefalù, lo ribadiamo anche alla luce di qualche documentazione che ci è stata mostrata, non è in linea con gli standard stabiliti dal Ministero della Salute, in cui non è previsto l’impiego di strutture in forma promiscua, perché è impossibile isolare le aree Covid dalle altre. Tale assunto ha già indotto l’Assessore Regionale ad una importante virata, prevedendo nel piano presentato il 1 aprile in Commissione Sanità all’Ars, che i quaranta posti attribuiti al Giglio possano essere “attivati in altra struttura”>>.

Foto: Rosario Lapunzina, sindaco di Cefalù

<<E’ questa la nostra richiesta – ha aggiunto il primo cittadino – il Giglio impieghi il proprio personale ed il proprio know-how presso altra struttura conforme alle prescrizioni ministeriali, salvaguardando così la salute degli altri pazienti, del personale e di tutta la popolazione cittadina, che, mi sia consentito dirlo, è sicuramente più esposta rispetto a quella di altri comuni, sia pur viciniori. Nelle vicende che, come questa, riguardano la salute e la sicurezza di una Comunità, non trovano giustificazione i posizionamenti politici, e trovo irriguardoso che da parte di qualcuno, che tale difesa, al pari di me, dovrebbe intestarsi, si sia voluto liquidare la questione, parlando di “sterili polemiche”. Il nostro orizzonte – ha concluso Lapunzina – è chiaro: non facciamo sterili polemiche ma non siamo disponibili ad accettare decisioni in nostro danno, per ottenere l’altrui compiacenza>>.

Secondo l’ex Direttore amministrativo dei Presidi ospedalieri di Termini Imerese e Petralia Sottana, Vincenzo Siragusa, si potrebbe adibire una parte dell’ospedale del comune madonita all’emergenza Covid-19: <<Tutto ciò eviterebbe, così come paventato ogni anno, la chiusura, anzi, si può ottenere un rilancio>>.

Siragusa ha lavorato dal 1982 al 1989 all’ex Usl (Unità sanitaria locale) di Lercara Friddi. Nel 1989 ha superato il concorso per Dirigente e nel 1995 gli è stata affidata la Direzione Amministrativa del Presidio Ospedaliero di Palazzo Adriano che, a seguito di alcune direttive, è stato chiuso e tramutato in Rsa (Residenza sanitaria assistenziale). Successivamente, la Direzione Generale ha deciso di trasferirlo a Palermo, affidandogli l’incarico di Capo Servizio del personale fino al 2007. Ha ricoperto, fino al 2011, la Direzione del Dipartimento Risorse economiche. Infine, dall’ottobre 2011 fino a febbraio 2014, ha ricoperto l’incarico di Direttore amministrativo nei Presidi ospedalieri di Termini Imerese e Petralia Sottana.

Vincenzo sta trascorrendo il suo periodo di quarantena: <<Così come ogni cittadino che rispetti se stesso, i familiari e il proprio essere, rispettando le direttive degli organi preposti e sperando che il periodo si accorci rispetto alle previsioni. Ritengo – ha aggiunto – che la paura ha fatto sì che le direttive siano state rispettate>>.

Per Siragusa: <<A Petralia vi è una struttura che oltre ad essere poco occupata è pure mal occupata. In un edificio di quel tipo sono allocati i servizi del Distretto sanitario che possono benissimo essere allocati nella sede dell’ex Presidio e dare la possibilità di un rilancio occupazionale, adibendola per l’emergenza Covid-19. Si può dislocare in un’ala del Presidio Ospedaliero – ha aggiunto – la rianimazione, e nell’altra, con percorsi separati, i ricoveri non necessari della rianimazione. Per l’emergenza, con costi sicuramente più ridotti, bisogna attivare anche l’elisoccorso notturno>>.

<<Una volta – ha aggiunto l’ex dirigente – si diceva che la salute non ha un prezzo e tutto ciò era applicato nella riforma, che è stata approvata nel 1983. Successivamente si è creato un paradosso, che è stato il credo di chi ha gestito a livello centrale la sanità “è vero che la salute non ha un prezzo, ma ha un costo”. Questo ha portato alla riduzione delle risorse da assegnare a questo importante settore, con riduzione di posti letto, personale ed altro. Spero – ha concluso Siragusa – che questa esperienza possa invertire la rotta in modo da evitare di correre quando succedono emergenze come il Covid-19>>.

Mario Catalano

Coronavirus. Intervista a Eduardo Saitta: “Tornati alla normalità, sarà le gente a cercare il teatro”

Nelle scorse settimane <<Il Consiglio dei Ministri ha approvato ulteriori misure in aiuto al turismo e alla cultura, settori duramente colpiti dalla diffusione del coronavirus e dai provvedimenti adottati per contenere il contagio>>. Queste sono state le parole del ministro per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, al termine del Consiglio dei Ministri che ha varato un decreto legge per sostenere, tra gli altri, i lavoratori e le imprese del settore turistico e culturale.

<<Gli interventi – ha sottolineato Franceschini –  tengono conto delle numerose istanze delle associazioni di categorie di questi settori con cui abbiamo avuto una stretta interlocuzione in queste settimane. Dalle indennità ai lavoratori dei diversi comparti, al fondo di emergenza per lo spettacolo, il cinema e l’audiovisivo, fino al sostegno per alberghi e imprese turistiche, sono numerose le misure messe in campo dal Governo per sostenere in questa prima fase l’industria culturale, creativa e il turismo, uno dei principali motori del Paese>>.

Eduardo Saitta gestisce il Teatro Saitta a Catania. In queste settimane ha dovuto sospendere la programmazione. Probabilmente gli eventi saranno recuperati ad ottobre, bisogna aspettare che tutto finisca prima di tornare alla normalità.

1- Da domenica 8 marzo sono stati sospesi eventi anche teatrali. Come stai trascorrendo queste settimane di emergenza coronavirus?

Le misure, come abbiamo visto, si sono protratte anche dopo il 3 aprile. Penso che sia stata una scelta giusta da parte del Governo nazionale. La mia quarantena l’ho trascorsa dedicandomi alla televisione. Grazie all’emittente siciliana Antenna Sicilia sono riuscito a continuare il mio lavoro. Ho raggiunto gli studi televisivi quotidianamente, rispettando sempre tutte le normative.

2- Nelle scorse settimane, in un tweet, il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha scritto che “La cultura può arrivare nelle case. Chiedo a tutti gli operatori culturali di usare al massimo i loro social e siti“. Come si è adeguato il Teatro Saitta?

Il teatro dei Saitta si è adeguato al periodo, portando il teatro a casa dei siciliani. Avevamo un paio di commedie registrate. Così ho deciso di metterne in onda due, in prima serata di sabato sera, raggiungendo numeri considerevoli. Questo mi fa molto piacere perché significa che la gente non si vuole allontanare dal teatro.

3- Pensi che in futuro possa cambiare il modo di diffondere il Teatro e la cultura teatrale?

Non bisogna abusare molto delle nuove tecnologie. Il teatro è una di quelle forme d’arte che ha resistito anche alla peste di Napoli. La gente avrà la voglia di tornarci. Non immagino una diffusione del teatro via web, è una cosa “troppo vera”. Nei momenti di emergenza va bene. Tornati alla normalità, sarà le gente a cercare il teatro. Se così non fosse, sarà il teatro a cercare la gente.

4- Quali progetti avete per il futuro?

Noi, in futuro, abbiamo in mente di continuare con le nostre tournée e di allargare la nostra programmazione. Dobbiamo recuperare quello che a Catania andava fatto. La stagione teatrale, a Catania, vantava ancora spettacoli da far vedere al pubblico, ma ce la faremo. Ormai si pensa di recuperare gli eventi probabilmente ad ottobre, però non ci sbilanciamo perché aspetteremo che tutto finisca.

5- Che consigli ti senti di dare a chi vuole affacciarsi nel mondo del teatro?

Con il cuore dico “se avete voglia fatelo”, con la ragione dico “fatevi un’esame di coscienza”. Fate molta pratica, frequentate il teatro e cercate una compagnia. Non fate chissà quali laboratori. Le grandi accademie sono finite. Dovete affiancarvi ad una buona compagnia, imparate, fate la gavetta come una volta, capite se siete portati e affidatevi coscienziosamente nelle mani di chi ne capisce. Se chi ne capisce vi dice che siete dei bravi direttori di scena, piuttosto che dei bravi attori, prendete seriamente in considerazione quello che vi dicono. Non dovete dare nulla per scontato. Un buon direttore di scena, con esperienza, potrebbe diventare anche un buon attore. Quindi, con il cuore dico “buttatevi”, con la ragione dico “ponderate”. Il teatro è un mestiere antico e fatto di sacrifici. Si raccoglie dopo. Prima dovete seminare tanto. La vita teatrale è dura, è bellissima, sono belle le tournée, condividere con i compagni il palcoscenico, il pane, le notti, gli applausi e i successi, ma non dimenticate che è una vita dura, sacrificata e ripagata, non sempre economicamente come la si vorrebbe, ma sicuramente gli applausi del pubblico, se si è lavorato bene, e l’affetto della gente, ripagano.

Mario Catalano

Coronavirus. Intervista a Francesco Liberto, il “calzolaio dei campioni”: “Periodo di quarantena non mi pesa più di tanto, dobbiamo essere ligi al dovere”

Ha iniziato a realizzare scarpe per piloti cinquantacinque anni fa. Da quel momento tanti campioni hanno scelto lui e ancora oggi scelgono le scarpe da corsa del “calzolaio di Cefalù”, perché fatte su misura, leggere, comode e soprattutto uniche al mondo. Tra questi: Vic Elford, Mario Andretti, Brian Redman, Ignazio Giunti, Carlos Reutemann, Emerson Fittipaldi, Clay Regazzoni, Jo Siffert, Jackie Ickx, Renè Arnoux, Gerald Larousse, Auturo Merzario, Sandro Munari e non ultimo, il siciliano Nino Vaccarella. Per un certo periodo Francesco è stato anche il fornitore ufficiale della Scuderia Ferrari di Formula 1. Nel 1965, sollecitato dai piloti Ignazio Giunti, Nanni Galli e Geki Russo, il Mastro Calzolaio di Cefalù “Ciccio” ha realizzato il primissimo paio di scarpe ideate e concepite per le competizioni automobilistiche. Da lì è partita una lunga “corsa” che ha portato il giovane madonita a raggiungere importanti traguardi. Nel 1977 Niki Lauda è diventato campione del mondo indossando le scarpe del maestro siciliano. Oggi, come tanti artigiani italiani, anche Francesco trascorre il suo periodo di quarantena a casa, a causa dell’emergenza coronavirus.

1 – Come sta trascorrendo queste settimane di emergenza COVID-19?

Naturalmente, come tutti gli italiani trascorro questo periodo di quarantena a casa, qui a Cefalú, assieme a mia moglie Angela. Devo ammettere che non mi pesa più di tanto, dobbiamo essere ligi al dovere. Certo, dopo tanti anni vissuti nel mio negozio sul lungomare, non essere al mio “posto di comando” mi pare un poco strano, ma non importa. Ora l’importante è restare a casa, come tutti ci dicono di fare: solo così torneremo presto alla normalità. Naturalmente in questo periodo non posso recarmi al laboratorio per costruire le scarpe, proprio quando invece sarei pieno di ordini. È da poco uscito un articolo su di me su Road&Track, una prestigiosa rivista americana, e addirittura lo scorso novembre la mia storia è stata raccontata da una rivista di motori cinese. Cose di questo genere danno tanta popolarità in più, oltre alla soddisfazione di vedere un umile artigiano siciliano fare da ambasciatore della Sicilia in tutto il mondo. Una cosa che mi stupisce sempre e a cui non mi abituerò mai.

2 – Anche la Formula 1 fermata dal virus

Per chi è appassionato di motori da sempre, come me, questo periodo rappresenta una piccola sofferenza in più, visto che tutti i campionati sono stati giustamente fermati. Anzi, mi stupisco che la Formula 1 si sia ostinata a voler organizzare il Gran Premio d’Australia anche di fronte all’evidenza del Coronavirus. Sono dovuti arrivare a Melbourne per scoprire che non si poteva correre nemmeno lí. E se anche avessero corso, come avrebbero potuto continuare il campionato, con tutti quei Gran Premi in Asia nella prima parte della stagione? Ora a poco a poco tutti gli appuntamenti saltano ad uno ad uno, e davvero non si sa quale evoluzione potrà esserci. Staremo a vedere.

3 – L’ultimo paio di scarpe, prima dell’emergenza COVID-19, per quale pilota l’ha realizzato?

La maggior parte delle scarpe che realizzo oggi sono per lo più per appassionati che le usano nei raduni, nei concorsi di eleganza per auto d’epoca, o per i miei amici piloti che le usano per guidare tutti i giorni. Le mie scarpe da alcuni anni non sono più omologate per le corse. A me sta bene così: sono affezionato alle mie scarpe da corsa, dal primissimo paio di scarpe ad oggi sono cambiate pochissimo, direi quasi nulla, ma evidentemente anche i miei clienti sono affezionati alle mie scarpe, visto che molti di loro continuano a ordinarmele. Fra i più giovani piloti professionisti che sono i miei clienti c’è Marco Andretti, figlio di Michael e nipote del grande Mario, altro carissimo amico di vecchia data. Il primo paio di scarpe realizzato per lui risale agli anni ’70: un paio in pelle argentata che qualche anno fa ha voluto fotografare per farmi vedere come nonostante l’usura del tempo fossero ancora in buono stato. Marco invece ha scelto un modello tricolore, bianco rosso e verde: ci tengono a sottolineare la loro origine italiana. Gli Andretti sono persone speciali.

Foto: Marco Andretti

4 – Ciccio “brand ambassador” Porsche per lo sport della 718 Boxster…

Nella mia vita sono stati tanti i momenti in cui ho stentato a credere a quello che mi stava accadendo. Come quando nel ’76 la Ferrari ha telefonato qui nella mia bottega per ordinarmi le scarpe per i suoi piloti, Lauda, Reutemann e Regazzoni. O come quando i produttori del film Rush di Ron Howard sono venuti qui in Sicilia per chiedermi di fare le scarpe all’attore Daniel Buhl, che ha interpretato il ruolo di Niki Lauda nella pellicola. Ron Howard è un perfezionista e non ha trascurato nemmeno un dettaglio. Il mio rapporto con la Porsche è sempre stato speciale, fin da quando nel 1968 realizzai il primo paio di scarpe per Vic Elford. Delle scarpe davvero speciali: Vic ha subito l’amputazione dell’alluce del piede destro, dunque fare le scarpe su misura per lui non è stato facile. Ma il giorno dopo Vic ha dato alla Porsche una delle vittorie più memorabili della casa tedesca e da allora tutti hanno voluto le mie scarpe, soprattutto i piloti ufficiali Porsche, e molti di loro sono diventati miei amici. Eppure, quando qualche anno fa mi è stato comunicato che la Porsche aveva l’intenzione di fare uno spot come me protagonista sono rimasto di stucco. Come dico sempre ai miei amici scherzando, “al peggio non c’è mai fine..”.

5 Quale eredità lascerà l’emergenza coronavirus nello sport automobilistico

Nessuno sa con certezza come questo virus cambierà la nostra vita. Figuriamoci il mondo delle corse. Forse potremmo immaginare che il campionato di calcio potrebbe inizialmente prevedere partite a porte chiuse, ma il circo della Formula 1 muove troppe persone per poter ripartire piano piano, senza spettatori. Un giorno ci diranno che l’emergenza sarà finita e tutto tornerà come prima. Anche le corse. Almeno lo spero.

Mario Catalano

Coronavirus. Don Giuseppe Amato: “Governo lavori ad un grande piano economico per la ripartenza che dia speranza”

Questa mattina Papa Francesco ha incontrato in Vaticano il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. A darne notizia, la Sala Stampa della Santa Sede. L’udienza è avvenuta in forma privata. Con molta probabilità, tra i temi trattati, anche l’emergenza coronavirus. Ieri, durante la recita dell’Angelus, il Pontefice ha ricordato le parole pronunciate nei giorni scorsi dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che chiedeva un <<Cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo>>, richiamando l’emergenza per il COVID-19 <<Che non conosce frontiere>>.

Ho deciso di contattare don Giuseppe Amato, dall’1 novembre 2016 parroco delle parrocchie SS. Giovanni e Paolo a Pollina e Maria SS. della Lettera in Finale, per una chiacchierata e riflettere su questo momento storico.

1- Partiamo dalle parole di Papa Francesco: <<Fitte tenebre si sono addensate, scenda la benedizione di Dio>>. Come sta affrontando queste settimane? Cosa si prova a non poter avere un contatto con i propri fedeli?

Innanzitutto grazie per avermi contattato. Credo queste siano settimane particolari un po’ per tutti. La nostra quotidianità è stata stravolta e ci vuole molta forza di volontà per far fronte a tutte le restrizioni a cui siamo sottoposti. I miei punti fermi sono la preghiera, la meditazione, la lettura e lo studio, inoltre, sto recuperando un pò di burocrazia arretrata e il tempo che mi resta lo dedico alla trascrizione di pensieri e riflessioni. Unico svago: ho la passione per il burraco allora ne approfitto per una partitina online ogni tanto e qualche telefonata agli amici soprattutto la sera. Certo ciò che manca di più è il rapporto con la mia gente, è difficile il giorno celebrare la Messa “senza il popolo”. Nella preghiera li ricordo tutti, ma la Liturgia è resa perfetta anche da quelle presenze fisiche che ci ricordano che siamo la Chiesa che cammina nel tempo e nella storia verso il Signore. Per me che sono parroco la domenica è più povera senza l’abbraccio delle mie Comunità.

2- Qualche giorno fa Biagio Conte ha lanciato “l’allarme povertà”. La Missione Speranza e Carità ha chiuso i cancelli. In Sicilia c’è il pericolo di una bomba sociale.

La gente comincia a mostrare i segni di impazienza propri non solo di chi si vede ristretti i propri spazi di libertà, ma anche quelli di chi vede nel proprio futuro una grande incertezza. Questa emergenza sanitaria avrà molte ripercussioni in campo economico, lavorativo e ciò non solo per le industrie o le piccole e medie imprese anche per gli stagionali, per il settore turistico alberghiero, per le aziende agricole e zootecniche, peggio ancora per le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà. Vede i fenomeni dei furti a cui abbiamo assistito, negli appartamenti, negli ospedali, nelle case abbandonate dei malati, non sono solo opera di teppistelli di strada. La gente ha fame perciò in questa fase è necessario, da parte del Governo Nazionale, da parte dei Comuni garantire la sospensione dei tributi e l’accesso alla liquidità di denaro. Nello stesso tempo bisogna lavorare ad un grande piano economico per la ripartenza che dia speranza. In caso contrario sappiamo che lì dove lo Stato si mostra assente, viene sostituito dalla mafia, dalla criminalità organizzata e in quel caso non dovremo gestire solamente le rivolte contro i forni di manzoniana memoria.

3- Secondo quanto riporta l’agenzia Fides, Organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie dal 1927, l’unica chiesa cattolica presente in Afghanistan ha chiuso per emergenza COVID-19

Guardi in questo momento la Chiesa sta svolgendo un ruolo molto importante sia dal punto di vista morale che grazie anche alle Caritas e alle associazioni cattoliche e di volontariato. La Chiesa diventa pertanto sostegno per i bisognosi, ma anche presidio di pace. È necessario dare seguito a quanto chiesto da Papa Francesco nel suo appello all’ONU perché ci sia un immediato cessate il fuoco in tutte le zone di guerre perché si contrasti con maggiore forza il dilagare del virus anche in quelle zone critiche del pianeta.

4- Come trascorre la giornata un parroco in un periodo di pandemia?

Beh io mi sono dato degli orari per non cedere alla pigrizia e al disordine. Come detto prima la preghiera, lo studio, la celebrazione della Messa e poi tutti quei gesti di vicinanza virtuale alla gente. Anche io ho dato sfogo alla mia fantasia pastorale, così come l’ha chiamata il Papa. Conduco una rubrica mattutina sulla mia pagina Facebook dal titolo “Caffè e Concetto” all’interno della quale partendo da un libro, da una lettura mi intrattengo per trenta minuti a conversare su temi come l’uso del tempo, la libertà, la solitudine, il rapporto con la fede, insomma, diversi temi, e la gente è invogliata anche alla lettura. Inoltre, essendo il Responsabile della Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Cefalù, il sbatto mattina tengo un’altra rubrica sulle pagine della Diocesi dal titolo “Tiro a segno”, che parla di tematiche legate all’ambiente, alla politica, al lavoro, all’economia e alla società. Insomma mi tengo impegnato.

5- Quale sarà l’eredità lasciata dal COVID-19?

Alcune le abbiamo già accennate. Certamente il ritorno alla normalità ci porterà a riconsiderare spazi, rapporti, legami, anche quella semplice gestualità propria di noi siciliani che dice positività e accoglienza, saremo tutti un po’ guardinghi. Ancora dovremo fare i conti con la gestione dell’ansia, del panico, con la depressione. Ma voglio cogliere anche un aspetto positivo. Credo che saremo più portati al rispetto dell’ambiente, al giusto uso del tempo, che non possiamo più sottrarre ala famiglia e agli affetti che si sono riaffermati prepotentemente nella nostra vita in questi giorni. Spero che saremo davvero più equilibrati in tutto, apprezzando questa vita che per molti tratti è davvero breve.

Mario Catalano

Coronavirus: 88 le persone contagiate in Camerun. Il coordinatore del Movimento Presenza del Vangelo, Atangana Molo: “Situazione non positiva”

Venerdì 6 marzo il Camerun ha confermato il primo caso di coronavirus e a distanza di venti giorni sono già ottantotto le persone contagiate, di cui sessanta a Yaoundé, venticinque a Douala e tre A Bafoussam. Il Presidente camerunese, Paul Biya, ha messo in campo diverse misure per combattere l’emergenza, ma alcuni medici temono che la situazione possa degenerare.

Il 18 marzo scorso Biya, secondo presidente del Camerun, carica che ricopre da più di un trentennio, ha pubblicato sul sito della Presidenza della Repubblica un avviso contenente diciotto punti sulle informazioni da seguire riguardo l’emergenza COVID-19. Tra queste: la chiusura delle frontiere terrestri, aeree e marittime del Paese, di conseguenza, la sospensione di tutti i voli passeggeri dall’estero, ad eccezione dei voli merci e delle navi che trasportano prodotti di consumo e beni e materiali essenziali, i cui tempi di sosta saranno limitati e controllati; l’osservanza rigorosa delle misure igieniche raccomandate dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), compreso il lavaggio regolare delle mani con sapone, evitando stretti contatti come stringere le mani o abbracciarsi e coprirsi la bocca quando si starnutisce; la chiusura dalle 18, sotto la supervisione delle autorità amministrative, di bar, ristoranti e luoghi di intrattenimento.

Nel frattempo, ieri, la Jack MA Foundation e l’Alibaba Foundation hanno donato allo stato africano mascherine, 20 mila kit per test coronavirus e 100 mila indumenti per combattere la pandemia del Covid-19.

Fonte foto: pagina Facebook “Ministère de la Santé Publique du Cameroun”

Un’altra donazione molto importante è arrivata dall’UBA (United Bank for Africa), che ha annunciato ieri una donazione di oltre cinque miliardi di Naira, attraverso la UBA Foundation, per dare una risposta pan-africana completa alla lotta contro il coronavirus. La donazione fornirà un sostegno significativo alla Nigeria e ad altri diciannove paesi africani, fornendo materiali di soccorso, strutture di terapia intensiva e sostegno finanziario ai governi. La banca panafricana finanzierà immediatamente un centro medico a Lagos, in Nigeria, con letti per l’isolamento e le strutture di terapia intensiva, gestite in collaborazione con la filiale sanitaria di Heirs Holdings, Avon Medical Hospital. Inoltre, sarà fornita una piattaforma di telemedicina gratuita. <<Questo è un momento in cui tutti dobbiamo fare la nostra parte – ha commentato Tony Onyemaechi Elumelu, presidente del gruppo UBA – Questa pandemia globale deve riunire cittadini, governi e imprenditori – e rapidamente. Dato che vediamo un numero in rapido aumento di casi di coronavirus in Nigeria e in Africa, il settore privato deve lavorare di pari passo con vari governi, per arginare la diffusione della pandemia globale. Lodiamo – ha aggiunto – gli sforzi dei governi e siamo desiderosi di collaborare e contribuire con le nostre risorse allo sforzo collettivo, che assicurerà che la risposta alla pandemia sia rapida ed efficace. Operando in venti paesi africani e in tutto il mondo nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Francia, la United Bank for Africa ha una lunga tradizione di supporto alle sue comunità, attraverso tempi difficili>>, ha concluso il presidente del gruppo bancario.

Il coordinatore generale del Movimento “Presenza del Vangelo“, Jean Marie Atangana Molo, racconta che, nonostante le misure attute, una parte della popolazione fa ciò che vuole e i medici sono preoccupati che la situazione attuale si possa ribaltare.

<<Non siamo messi bene – dice Jean Marie Atangana Molo – Fino a qualche settimana fa c’erano ancora due casi. Col tempo, la situazione si è evoluta in peggio. Tutto ciò ha comportato molti cambiamenti nello stile di vita di ogni camerunese>>. Finora è quasi tutto sotto controllo nello stato africano, con un solo caso di morte in ottantotto casi di contaminazione. <<Qui le persone sono nelle loro case – aggiunge il coordinatore del Movimento “Presenza del Vangelo” – d’altra parte, chiunque abbia un lavoro, sia privato che pubblico, lavora tutti i giorni e quindi lascia la propria casa per andare al lavoro. Nei villaggi la gente svolge ogni giorno i propri compiti. Alcune persone non sono rinchiuse nelle loro case, escono ed entrano come vogliono>>. Per quanto riguarda l’argomento medici e ospedali: <<Non ne abbiamo abbastanza per fronteggiare l’emergenza, e se questa situazione dovesse cambiare, vale a dire, che se il numero di casi dovesse aumentare, come ad esempio in Italia, il paese non potrebbe gestire la situazione>>. Il Presidente del Camerun ha messo in campo molte misure per contenere l’emergenza, alcune sono rispettate altre no, ci racconta il giovane camerunese. <<I medici – ha concluso Jean Marie – ci dicono di essere in grado di gestire per il momento, ma hanno paura che la situazione si ribalti. In quel caso, a causa della mancanza di personale e infrastrutture non si potrebbe fronteggiare bene la situazione>>.

Mario Catalano

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