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Categoria: APPUNTI DI LIBERTÀ

Coronavirus. Don Giuseppe Amato: “Governo lavori ad un grande piano economico per la ripartenza che dia speranza”

Questa mattina Papa Francesco ha incontrato in Vaticano il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. A darne notizia, la Sala Stampa della Santa Sede. L’udienza è avvenuta in forma privata. Con molta probabilità, tra i temi trattati, anche l’emergenza coronavirus. Ieri, durante la recita dell’Angelus, il Pontefice ha ricordato le parole pronunciate nei giorni scorsi dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che chiedeva un <<Cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo>>, richiamando l’emergenza per il COVID-19 <<Che non conosce frontiere>>.

Ho deciso di contattare don Giuseppe Amato, dall’1 novembre 2016 parroco delle parrocchie SS. Giovanni e Paolo a Pollina e Maria SS. della Lettera in Finale, per una chiacchierata e riflettere su questo momento storico.

1- Partiamo dalle parole di Papa Francesco: <<Fitte tenebre si sono addensate, scenda la benedizione di Dio>>. Come sta affrontando queste settimane? Cosa si prova a non poter avere un contatto con i propri fedeli?

Innanzitutto grazie per avermi contattato. Credo queste siano settimane particolari un po’ per tutti. La nostra quotidianità è stata stravolta e ci vuole molta forza di volontà per far fronte a tutte le restrizioni a cui siamo sottoposti. I miei punti fermi sono la preghiera, la meditazione, la lettura e lo studio, inoltre, sto recuperando un pò di burocrazia arretrata e il tempo che mi resta lo dedico alla trascrizione di pensieri e riflessioni. Unico svago: ho la passione per il burraco allora ne approfitto per una partitina online ogni tanto e qualche telefonata agli amici soprattutto la sera. Certo ciò che manca di più è il rapporto con la mia gente, è difficile il giorno celebrare la Messa “senza il popolo”. Nella preghiera li ricordo tutti, ma la Liturgia è resa perfetta anche da quelle presenze fisiche che ci ricordano che siamo la Chiesa che cammina nel tempo e nella storia verso il Signore. Per me che sono parroco la domenica è più povera senza l’abbraccio delle mie Comunità.

2- Qualche giorno fa Biagio Conte ha lanciato “l’allarme povertà”. La Missione Speranza e Carità ha chiuso i cancelli. In Sicilia c’è il pericolo di una bomba sociale.

La gente comincia a mostrare i segni di impazienza propri non solo di chi si vede ristretti i propri spazi di libertà, ma anche quelli di chi vede nel proprio futuro una grande incertezza. Questa emergenza sanitaria avrà molte ripercussioni in campo economico, lavorativo e ciò non solo per le industrie o le piccole e medie imprese anche per gli stagionali, per il settore turistico alberghiero, per le aziende agricole e zootecniche, peggio ancora per le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà. Vede i fenomeni dei furti a cui abbiamo assistito, negli appartamenti, negli ospedali, nelle case abbandonate dei malati, non sono solo opera di teppistelli di strada. La gente ha fame perciò in questa fase è necessario, da parte del Governo Nazionale, da parte dei Comuni garantire la sospensione dei tributi e l’accesso alla liquidità di denaro. Nello stesso tempo bisogna lavorare ad un grande piano economico per la ripartenza che dia speranza. In caso contrario sappiamo che lì dove lo Stato si mostra assente, viene sostituito dalla mafia, dalla criminalità organizzata e in quel caso non dovremo gestire solamente le rivolte contro i forni di manzoniana memoria.

3- Secondo quanto riporta l’agenzia Fides, Organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie dal 1927, l’unica chiesa cattolica presente in Afghanistan ha chiuso per emergenza COVID-19

Guardi in questo momento la Chiesa sta svolgendo un ruolo molto importante sia dal punto di vista morale che grazie anche alle Caritas e alle associazioni cattoliche e di volontariato. La Chiesa diventa pertanto sostegno per i bisognosi, ma anche presidio di pace. È necessario dare seguito a quanto chiesto da Papa Francesco nel suo appello all’ONU perché ci sia un immediato cessate il fuoco in tutte le zone di guerre perché si contrasti con maggiore forza il dilagare del virus anche in quelle zone critiche del pianeta.

4- Come trascorre la giornata un parroco in un periodo di pandemia?

Beh io mi sono dato degli orari per non cedere alla pigrizia e al disordine. Come detto prima la preghiera, lo studio, la celebrazione della Messa e poi tutti quei gesti di vicinanza virtuale alla gente. Anche io ho dato sfogo alla mia fantasia pastorale, così come l’ha chiamata il Papa. Conduco una rubrica mattutina sulla mia pagina Facebook dal titolo “Caffè e Concetto” all’interno della quale partendo da un libro, da una lettura mi intrattengo per trenta minuti a conversare su temi come l’uso del tempo, la libertà, la solitudine, il rapporto con la fede, insomma, diversi temi, e la gente è invogliata anche alla lettura. Inoltre, essendo il Responsabile della Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Cefalù, il sbatto mattina tengo un’altra rubrica sulle pagine della Diocesi dal titolo “Tiro a segno”, che parla di tematiche legate all’ambiente, alla politica, al lavoro, all’economia e alla società. Insomma mi tengo impegnato.

5- Quale sarà l’eredità lasciata dal COVID-19?

Alcune le abbiamo già accennate. Certamente il ritorno alla normalità ci porterà a riconsiderare spazi, rapporti, legami, anche quella semplice gestualità propria di noi siciliani che dice positività e accoglienza, saremo tutti un po’ guardinghi. Ancora dovremo fare i conti con la gestione dell’ansia, del panico, con la depressione. Ma voglio cogliere anche un aspetto positivo. Credo che saremo più portati al rispetto dell’ambiente, al giusto uso del tempo, che non possiamo più sottrarre ala famiglia e agli affetti che si sono riaffermati prepotentemente nella nostra vita in questi giorni. Spero che saremo davvero più equilibrati in tutto, apprezzando questa vita che per molti tratti è davvero breve.

Mario Catalano

Coronavirus: 88 le persone contagiate in Camerun. Il coordinatore del Movimento Presenza del Vangelo, Atangana Molo: “Situazione non positiva”

Venerdì 6 marzo il Camerun ha confermato il primo caso di coronavirus e a distanza di venti giorni sono già ottantotto le persone contagiate, di cui sessanta a Yaoundé, venticinque a Douala e tre A Bafoussam. Il Presidente camerunese, Paul Biya, ha messo in campo diverse misure per combattere l’emergenza, ma alcuni medici temono che la situazione possa degenerare.

Il 18 marzo scorso Biya, secondo presidente del Camerun, carica che ricopre da più di un trentennio, ha pubblicato sul sito della Presidenza della Repubblica un avviso contenente diciotto punti sulle informazioni da seguire riguardo l’emergenza COVID-19. Tra queste: la chiusura delle frontiere terrestri, aeree e marittime del Paese, di conseguenza, la sospensione di tutti i voli passeggeri dall’estero, ad eccezione dei voli merci e delle navi che trasportano prodotti di consumo e beni e materiali essenziali, i cui tempi di sosta saranno limitati e controllati; l’osservanza rigorosa delle misure igieniche raccomandate dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), compreso il lavaggio regolare delle mani con sapone, evitando stretti contatti come stringere le mani o abbracciarsi e coprirsi la bocca quando si starnutisce; la chiusura dalle 18, sotto la supervisione delle autorità amministrative, di bar, ristoranti e luoghi di intrattenimento.

Nel frattempo, ieri, la Jack MA Foundation e l’Alibaba Foundation hanno donato allo stato africano mascherine, 20 mila kit per test coronavirus e 100 mila indumenti per combattere la pandemia del Covid-19.

Fonte foto: pagina Facebook “Ministère de la Santé Publique du Cameroun”

Un’altra donazione molto importante è arrivata dall’UBA (United Bank for Africa), che ha annunciato ieri una donazione di oltre cinque miliardi di Naira, attraverso la UBA Foundation, per dare una risposta pan-africana completa alla lotta contro il coronavirus. La donazione fornirà un sostegno significativo alla Nigeria e ad altri diciannove paesi africani, fornendo materiali di soccorso, strutture di terapia intensiva e sostegno finanziario ai governi. La banca panafricana finanzierà immediatamente un centro medico a Lagos, in Nigeria, con letti per l’isolamento e le strutture di terapia intensiva, gestite in collaborazione con la filiale sanitaria di Heirs Holdings, Avon Medical Hospital. Inoltre, sarà fornita una piattaforma di telemedicina gratuita. <<Questo è un momento in cui tutti dobbiamo fare la nostra parte – ha commentato Tony Onyemaechi Elumelu, presidente del gruppo UBA – Questa pandemia globale deve riunire cittadini, governi e imprenditori – e rapidamente. Dato che vediamo un numero in rapido aumento di casi di coronavirus in Nigeria e in Africa, il settore privato deve lavorare di pari passo con vari governi, per arginare la diffusione della pandemia globale. Lodiamo – ha aggiunto – gli sforzi dei governi e siamo desiderosi di collaborare e contribuire con le nostre risorse allo sforzo collettivo, che assicurerà che la risposta alla pandemia sia rapida ed efficace. Operando in venti paesi africani e in tutto il mondo nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Francia, la United Bank for Africa ha una lunga tradizione di supporto alle sue comunità, attraverso tempi difficili>>, ha concluso il presidente del gruppo bancario.

Il coordinatore generale del Movimento “Presenza del Vangelo“, Jean Marie Atangana Molo, racconta che, nonostante le misure attute, una parte della popolazione fa ciò che vuole e i medici sono preoccupati che la situazione attuale si possa ribaltare.

<<Non siamo messi bene – dice Jean Marie Atangana Molo – Fino a qualche settimana fa c’erano ancora due casi. Col tempo, la situazione si è evoluta in peggio. Tutto ciò ha comportato molti cambiamenti nello stile di vita di ogni camerunese>>. Finora è quasi tutto sotto controllo nello stato africano, con un solo caso di morte in ottantotto casi di contaminazione. <<Qui le persone sono nelle loro case – aggiunge il coordinatore del Movimento “Presenza del Vangelo” – d’altra parte, chiunque abbia un lavoro, sia privato che pubblico, lavora tutti i giorni e quindi lascia la propria casa per andare al lavoro. Nei villaggi la gente svolge ogni giorno i propri compiti. Alcune persone non sono rinchiuse nelle loro case, escono ed entrano come vogliono>>. Per quanto riguarda l’argomento medici e ospedali: <<Non ne abbiamo abbastanza per fronteggiare l’emergenza, e se questa situazione dovesse cambiare, vale a dire, che se il numero di casi dovesse aumentare, come ad esempio in Italia, il paese non potrebbe gestire la situazione>>. Il Presidente del Camerun ha messo in campo molte misure per contenere l’emergenza, alcune sono rispettate altre no, ci racconta il giovane camerunese. <<I medici – ha concluso Jean Marie – ci dicono di essere in grado di gestire per il momento, ma hanno paura che la situazione si ribalti. In quel caso, a causa della mancanza di personale e infrastrutture non si potrebbe fronteggiare bene la situazione>>.

Mario Catalano

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